opening 30 ottobre dalle ore 18 alle 22

e fino al 22 novembre 

 

In una mostra dove John Constable è il riferimento culturale, l’artista costruisce un ipotetico salotto all’interno del quale immagini paesaggistiche contribuiscono a determinarne l’ambiente. Dopo essersi dedicata, nella prima parte del progetto, all’interno, all’oggetto, in questa seconda parte l’artista si concentra piuttosto sul contenitore, su ciò che si poteva trovare sulle pareti di un certo tipo di salotto.

La mostra si inserisce all’interno del progetto BO_MI di FARNESPAZIO che vede gli artisti confrontarsi in un primo tempo con lo spazio LOCALEDUE di Bologna e poi con lo spazio di GAFF Milano, quasi a tendere un sottile filo tra le due città e le due comunità di appassionati d’arte contemporanea.

 

Meandri della materia

Una superficie che pare vaporosa, lievitata, si stratifica sugli specchi come risultato di una misteriosa azione. Il supporto-campo di questa azione diventano idealmente tutte le pareti che includono tra i meandri della materia una scultura o le gestualità di passaggio. Gestualità im­pregnanti, in grado di coinvolgere ogni segno, sia permanente, sia in transito. La presenza del­la scultura, elemento che si confronta con la molteplicità dei gesti spalmati sulla superficie spec­chiante, genera un incontro ma anche un conflitto con ciò che accade intorno. Marta Pierobon non ha agito direttamente sulle pareti e non le ha coinvolte tutte poiché il suo intervento non mira ad esprimere un documento della vita, del pensiero, e della tenacia, suo o di qualcun al­tro, non riguarda il “privato”, nemmeno la civetteria, giammai l’aggressività o l’indiscrezione, il suo agire concerne invece le infinite possibilità di percepire un ambiente. Se accanto a questo si può esperire un’intensità emozionale di grande tensione è perché attraverso il lavoro di Pierobon è possibile fare esperienza del progressivo passaggio del tempo, che scavando i suoi solchi, fa si che ogni cosa non sia mai uguale a sé stessa, istante dopo istante. Intensità emozionale, senso del tempo, al di là della propria vita, che sembra, peraltro, proprio in questa impietosa, continua registrazione, protrarsi al di là dei suoi limiti temporali. La variazione delle forme dipende dallo spazio, Pierobon non ha mai inteso fornire copie del reale o copie di copie, per questo non ha realizzato vere tappezzerie ma ha preferito stimolare una conoscenza non storica né concreta, basata sui fatti, ma astratta, così da trasformarla in studio dei fatti stessi at­traverso i suoi segni. Si crea, così, anche un rapporto dialettico tra gli oggetti-opera che esistono nello stesso spazio e nel tempo e lo spazio e il tempo dello spettatore. Marta Pierobon sembra voler dimostrare che l’arte si elabora mediante un meccanismo che crea come un passaggio dalla dimensione del passato (della memoria) alla dimensione del presente. I suoi lavori si confrontano con la dimensione tempo che non è solo oggettiva ma varia secondo la capacità di comprensione dell’osservatore e secondo il tempo che passa dall’emissione dell’informazione alla sua ricezione.

Marco Tagliafierro