a cura di Gabriele Tosi
inaugurazione sabato 11 ottobre 2014 ore 18
mostra dal 12 al 31 ottobre su appuntamento: +393312273841
In occasione della decima edizione della Giornata del Contemporaneo LOCALEDUE presenta BLUESHIFT, collettiva di scultura il cui titolo cita il fenomeno fisico che avviene quando una sorgente si avvicina all’osservatore: poiché lo spazio diminuisce, la frequenza della percezione aumenta.
La capacità degli oggetti di avvicinarsi a chi li richiede è un valore sempre più radicato nella circolazione contemporanea di idee e cose, tanto da influire direttamente sulla costruzione del senso. Questa abilità si lega ad altre categorie quali versatilità, portabilità, compressione e tracciabilità. Tali concetti, centrali nel dibattito teorico sull’immagine, appaiono latenti in quello sulla scultura, benché questo mezzo ne sia forse il più intrinsecamente coinvolto.
Fino a qualche anno fa, infatti, una stanza di 20 metri quadrati sarebbe probabilmente risultata troppo piccola per esporre il lavoro di quattro scultori, ma oggi la dimensione non appare limitante poiché le caratteristiche delle sculture si stanno evolvendo, dimostrando una diversa capacità di riorganizzare i propri elementi.
La mostra esplora quindi alcuni aspetti legati alla mutevolezza logica dell’atto scultoreo, non più votata alla definizione retorica e permanente di una forma.
BLUESHIFT come avvicinamento al contatto, fra gli oggetti come dell’uomo con l’altro. In mostra è stato tolto all’opera il privilegio di abitare lo spazio come fosse il suo monolocale. Non c’è quasi la possibilità, tantomeno l’intenzione, di scattare una foto senza inquadrare almeno due opere. L’atto del fruire un pezzo come isolato è qui una scelta del pubblico e non un suggerimento autoriale.
Nessuno, fra gli artisti, ha voluto imporre una posizione per il proprio lavoro, è affiorata invece, la voglia di coesistere. Forse perché tecnicamente non se ne poteva fare a meno, forse perché sono stati gli artisti a scegliersi per lavorare assieme: le opere erano pronte a coabitare e non restava che assecondarle. Se prima dell’allestimento i rimandi erano solo mentali, la presenza dell’opera ha manifestato le evidenze di un dialogo fra segni e materiali. Non è un evento muto: dal mio punto di vista Genovese, Miele, Prevedello e Tedesco restano autori molto diversi, forse un curatore non li avrebbe mai messi nella stessa stanza in un progetto solo suo. Eppure le loro opere si guardano in faccia, ma differentemente da quel dialogo fra i lavori che è la base atona di tanti comunicati stampa. In BLUESHIFT le relazioni avvengono nel vuoto che ogni opera genera attraverso i segni, in uno spazio che prima neanche esisteva.
Il contatto, anche forzato fino alla sovrapposizione, non cancella le identità ma piuttosto ne legittima e amplifica la definizione. Non è sempre vero infatti, che ogni opera abbisogna del bianco per segnare quel solco significante attorno a sé. Quel confine che è da intendere soprattutto in senso politico: una posa come presa marziale di posizione. Le righe che si rompono sono un abbandono alle armi a favore del confronto non codificato come scontro, ovvero la ricerca della veridicità nel reale. Come a dire che la sincerità di un volto sia verificabile solo nella folla o in uno sguardo scambiato. Anche gli oggetti, come le persone, misurano se stessi confrontandosi.
Le opere sono oggetti mobili e la loro capacità di spostarsi influisce sulla costruzione del senso. L’allestimento non è infatti solo una questione visiva, ma un susseguirsi di eventi tattili interrotti, quasi certamente, fino al disallestimento. Lo sguardo è il risultato che diamo a tutti - è arte visiva d’altronde – mentre il tatto è per pochi, eletti o inconsapevoli estranei. Dopo la giornata di lavoro a Localedue, a cena con gli artisti, si è parlato di questo: di come si dovrebbe toccare una scultura, in che misura le opere necessitano del tatto. Una delle contraddizioni è in quel valore che esiste da quando l’opera è stata resa sacra in se stessa, ovvero la cultura del guardare senza toccare. Sei così grezzo che hai bisogno di toccarmi? Oltre che di necessità e contesto è una questione di modi, non troppo diverso da come ci atteggiamo con gli altri. Palpare può essere profanazione oppure atto consentito, pieno e profondo se giustamente calibrato e accolto come l’argilla con le mani. Un contatto tattile è forse il passaggio successivo di questa mostra che è un primo passo verso una scultura che è esperienza architettonica, trasformazione come i nostri piedi consumatori di rilievi tombali.
Gabriele Tosi
Nicola Genovese (Dolo – Venezia, 1971). http://www.nicolagenovese.org/
Il suo lavoro nasce dall’osservazione della società. E’ particolarmente interessato a quei casi in cui alcuni individui sviluppano, come per riempire un vuoto d’identità e a dispetto delle proprie reali radici culturali, la camaleontica capacità di appropriarsi di atteggiamenti, mode e costumi lontani tra loro. Le sue opere traducono tale viralità opponendo il retaggio identitario del mezzo scultoreo alla precaria mutevolezza di rivestimenti, pelli, forme, pattern e materiali. E’ fondatore del progetto Superfluo con base a Padova ed è fra i direttori artistici dell’artist run space MARS di Milano.
Principali mostre personali recenti: “Skins”, Station 21 – Zurigo; “£I’ve been here before”, a cura di Faxen, BB15 – Linz; “Darker with the day”, testo critico di Francesco Urbano Ragazzi, Interno4 - Bologna. Principali mostre collettive recenti: “L'eta' dell'utile”, a cura di Francesco Urbano Ragazzi, chiesetta San Ludovico – Venezia; “It Was The Worst Year Of My Life. Part 2” - Mala Galerija Ganes Pratt – Ljubljana; “Spectator is a worker”, a cura di Daniele Capra,Tina B – Praga; “Liberty control”, r.a.i.r event foundation Duende – Rotterdam.
Yari Miele (Cantù, 1977). http://yarimiele.com/
Il lavoro di Miele, perlopiù installativo, presuppone che le definizioni di spazi e oggetti siano la conseguenza di una percezione mentale dovuta alla quotidianità spesso univoca dell’osservazione fisica. Nel suo lavoro, la possibilità dell’uomo di controllare le radiazioni luminose apre alla scoperta di caratteristiche normalmente timide e nascoste; ne emerge quindi una riflessione su come la percezione “naturale”, non più da opporre dualisticamente a quella “artificiale”, sia nient’altro che una variabile di manifestazione fra le tante possibili. E' fra i direttori artistici dell’artist run space MARS di Milano.
Principali mostre personali recenti: “Libera dimensione”, MARS – Milano; “Il tempo di un’attesa e il tempo di un’esperienza”, a cura di Marco Tagliafierro, Galleria Uno+Uno – Milano; Principali mostre collettive recenti: “Upward Positive Leaders”, a cura di Laura Santamaria, Kunstraum t27 Kunstverein Neukölln – Berlino; “Immagini d’Io”, a cura di Alessandro Guerriero e Luciana di Virgilio, Triennale Desing Museum.
Fabrizio Prevedello (Padova, 1972). http://fabrizioprevedello.com/
Quello di Prevedello è un lavoro sul volume, inteso come spazio che consente una presenza, testimoniando e inscenando le sue trasformazioni. Tramite la scultura riflette sul peso del gesto umano nella modifica della materia, dichiarandone o recuperandone il senso e le necessità. Mettendo in mostra le energie materiche che artificialmente o naturalmente fanno parte di tali processi sottolinea ciò che silenziosamente supporta la costruzione del piano di ciò che è essenziale.
Principali mostre personali recenti: “Verde”, a cura di Ilaria Mariotti, Galleria Cardelli e Fontana – Sarzana; “Fa un po’ freddo ma non preoccuparti”, a cura di Luigi Presicce, Brown space project – Milano. Principali mostre collettive recenti: “A Guilmi non piove mai” residenza a cura di Lucia Giardino e Federico Bacci, Guilmi Art Project – Guilmi (CH). “Apologia” a cura di Federica Forti, Museo Civico del Marmo – Carrara. “Andrini, Bertolo, Camoni, Prevedello” Casabianca – Zola Predosa.
Marcello Tedesco (Bologna, 1979). http://www.marcellotedesco.com/
Dopo aver intrapreso un percorso da regista ha concentrato il suo lavoro sul rapporto che intercorre fra il linguaggio della narrazione contingente e la cornice trascendente della storia. Le sue sculture si propongono infatti come elementi architettonici, legami materici e strutturali tra ciò che l’oggetto racconta di sé e la realtà astratta che esso genera, giustifica e quindi sostiene.
Principali mostre personali recenti: “Nuova Matrice” a cura di Andrea Lacarpia, Dimora Artica – Milano; “A lume spento”, a cura di Simone Frangi, Monego Contemporary – Como; “Tutte Tranne Una”, Studio Vetusta – Modena; Principali mostre collettive recenti: “Drawings from Lightnings”, a cura di Laura Santamaria, Kunstraum t27 Kunstverein Neukolln – Berlino; “I sit Really Now?”, a cura di Dario Bonetta, Artra Gallery – Milano; “Quadriformins”, Mars – Milano.